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La prima volta che qualcuno mi ha citato questo autore ed in particolare questo suo libro ero ancora un ceramista part-time: nel senso che pur avendo perseguito la strada della passione del FARE ormai da parecchi anni, dovevo continuamente arrangiarmi con mille altri lavoretti secondari per raggiungere una minima serenita’ economica..ed in quegli stessi anni mi soffermavo sempre piu’ spesso a valutare proprio la mia condizione di artigiano rispetto alla societa’ che mi circondava. Ed e’ stato cosi, quindi, che nel leggere per la prima volta Sennet, mi sono trovato immerso in un mondo che molto spesso coincideva con la mie sensazioni e pensieri: di allora come di oggi.
Senza dilungarsi troppo (che non so esattamente come scrivere una recensione, ne’ ne ho le competenze), riassumerei questi miei e nostri (tarleschi) pensieri cosi.
Per noi essere artigiani significa metter tutto se stesso con impegno in quello che si fa.
In tutti noi ci sono le basi per essere buoni artigiani, quelle che potremmo chiamare capacita’ grezze. Lo ripeto sempre a chi si sorprende di un nostro lavoro e ritiene che non sarebbe in grado di fare altrettanto: la differenza in quel caso sta nella motivazione e nella aspirazione alla qualita’ e nel tempo a disposizione, ovviamente.
Il tempo infatti risulta fondamentale, sia nelle scelte di vita ma soprattutto come gestione dello stesso. Il tempo dell’artigiano nel suo lavorare consapevole e’ un tempo lento: e’ il tempo che ci permette di affinare la tecnica del lavoro attraverso una costante dialettica tra mano e mente (citando Sennet che cita Kant “la mano e’ la finestra della mente”). E’ il tempo che ci da la possibilita’ di conoscere sempre piu’ il materiale che stiamo lavorando e gli attrezzi che stiamo usando, stimolando l’immaginazione e permettendo, anche attraverso l’accettazione dell’errore, di far nostra quella tecnica, di farla diventare un’abilita’ personale. E tutto questo grazie alla lentezza! Che naturalmente anche noi non riusciamo a perseguire sempre, sotto la pressione per ottenere risultati veloci.
E questa che noi chiamiamo Cultura del FARE, presente in ognuno di noi, che ci insegna a governare noi stessi, e’ quel terreno comune sul quale possiamo entrare in relazione con gli altri.
E quale modo migliore di sperimentare la relazione se non attraverso il gioco?
“Perche’ chi sa governare se stesso e dosare autonomia e rispetto delle regole, sostiene Sennett, non solo sapra’ costruire un meraviglioso violino, un orologio dal meccanismo perfetto o un ponte capace di sfidare i millenni, ma sara’ anche un cittadino giusto.”
(dalla quarta di copertina di RICHARD SENNET – L’UOMO ARTIGIANO – Saggi – Universale Economica Feltrinelli)